Gli attivatori di memoria sono oggetti, parole, immagini o suoni capaci di risvegliare ricordi che sembravano sopiti. A volte basta il profumo di un materiale, il gesto di una lavorazione artigianale o la vista di un oggetto familiare per far riaffiorare momenti del passato, emozioni e frammenti di storia personale.
Per molte persone anziane, soprattutto per chi vive in una casa di riposo e affronta le fragilità legate all’età e a ciò che spesso l’età comporta in termini di demenze, questi piccoli stimoli possono diventare veri e propri ponti per riconnettersi al proprio vissuto, al “qui e ora”, e agli altri.
L’esperienza della classe 3C della SSPG di Mezzolombardo rappresenta un esempio significativo di come la comunità possa mettersi a disposizione, attraverso attività semplici ma ricche di senso, per realizzare degli oggetti che possano aprire delle finestre di memoria e, attraverso queste, stringere legami significativi.
Fin dall’inizio, tra i ragazzi si è percepita una forte voglia di esserci, di partecipare davvero, di ascoltare le storie degli anziani, di sentirsi parte di qualcosa che aveva valore. Tutti hanno lavorato con impegno, convinti che il loro lavoro potesse trasformarsi in qualcosa di bello e soprattutto autentico, capace di “sbloccare ricordi” (Karolina) e di far riaffiorare emozioni.
Guidati dai propri insegnanti e grazie all’Officina dei Saperi, che ha fatto da catalizzatore del progetto, i ragazzi, prendendo spunto dal momento forte dell’Avvento e del Natale, hanno scelto di impegnarsi nella costruzione della capanna del presepe.
Hanno raccolto le informazioni riguardo alla grandezza delle statuine della Casa di Riposo, hanno pensato a come congegnare il progetto, hanno condiviso idee e spunti sia tra di loro che con alcuni ospiti che li hanno accompagnati in questo progetto. In tutto questo percorso è emersa una grande capacità di ascolto: i ragazzi erano curiosi di conoscere i consigli degli anziani, felici quando qualcuno raccontava un ricordo legato al Natale o a un vecchio mestiere, e desiderosi di trasformare quei racconti in dettagli concreti da inserire nella capanna. “Avevamo pensato di fare il tetto piatto, come quello di una foto che ci piaceva, ma poi abbiamo sentito Antonio che parlava del tetto a due falde e abbiamo cambiato idea”, ci raccontano Sofia e Martina.
È stato un incontro generazionale spontaneo e autentico: mentre ci si scambiavano proposte, si segavano listelli di legno, si incollavano i vari pezzi, si sceglievano i dettagli e le decorazioni, sono riaffiorati racconti, tradizioni di famiglia e memorie dei lavori di un tempo. Attraverso il lavoro manuale, magari anche solo per un breve istante, negli occhi di qualche ospite si sono rivisti la passione, la destrezza e il vigore della gioventù. Anche i ragazzi lo percepivano: sentivano di star facendo qualcosa che non era solo un progetto scolastico, ma un ponte tra emozioni e generazioni.
Per i ragazzi l’esperienza ha avuto un grande valore educativo e umano. Hanno potuto riflettere sul tema delle demenze, comprendendo che dietro una difficoltà o un silenzio c’è sempre una persona piena di vita e di vissuto. Hanno sperimentato cosa significa collaborare con chi è più fragile, condividere un’attività significativa e lavorare con le proprie mani, scoprendo il valore del tempo lento e del fare insieme. Hanno avuto la fortuna di poter condividere pensieri, idee e soddisfazioni con persone da loro così distanti, ma anche tanto vicine. Lorenzo e Antonio sono stati per loro degli splendidi compagni di viaggio che hanno reso tutto speciale con i loro sorrisi, i loro sguardi, i loro racconti, il loro impegno.. E così il desiderio sincero di consegnare qualcosa di importante, che potesse davvero suscitare ricordi, ha portato tutti a sentire come necessario fare la propria parte con entusiasmo, con attenzione ai dettagli. “Nonostante tutte le difficoltà, ci siamo impegnati davvero, perché è un lavoro che può fare bene, può aprire le porte della memoria di chi si sente come in una bolla da cui non sa uscire”, ci raccontano Henri e Dijar.
Il dono della capanna agli ospiti della casa di riposo non è quindi la mera esecuzione di un compito o un gesto di attenzione, ma è creare e fornire agli anziani un’occasione per riattivarsi: ritrovare gesti conosciuti, rivivere emozioni e ricordi legati alla manualità, alla propria storia personale e al periodo natalizio. La capanna del presepe è dunque a tutti gli effetti un “attivatore di memoria” concreto, un’occasione sia per ricordare che per intrecciare nuove relazioni che rimarranno nel tempo. “E’ stato bello riavere Antonio con noi, dopo due anni. Con lui avevamo realizzato il plastico della Piana Rotaliana in epoca medioevale e ci aveva dato una gran mano. Lavorare insieme a lui e Lorenzo è stata davvero una bellissima sorpresa”.
Questa iniziativa è un’ulteriore dimostrazione di come la scuola, la casa di riposo e l’intera comunità possano diventare una rete capace di creare inclusione, benessere e nuove connessioni tra generazioni. E come, a volte, un semplice oggetto — una capanna fatta di legno, colla e fantasia — possa trasformarsi in un prezioso ponte di memoria.
Giovanni Formolo e Andrea Selber - Officina dei saperi
prof.ssa Simona Mazzer
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da Staff di dirigenza
del venerdì, 19 dicembre 2025